Ciao mio carissimo amico virtuale… Sono qui perché a fronte di una nuova lettura la mia mente mi perplime e non poco da un paio di giorni. Ho iniziato a leggere (in realtà mi mancano meno di 100 pagine per scoprire se ho affaticato la mia vista inutilmente). L’eleganza del riccio. https://amzn.to/3M4faSL
Confesso che sono reduce dal secondo libro della tetralogia del Cimitero dei libri Dimenticati. Ed è anche vero che quelle parole infuse di mistero, magia e mutuo soccorso ti rimangono addosso per diversi giorni, lasciandoti quell’aria di speranza illusoria un mondo migliore.
L’Eleganza del riccio no! Ti da uno scossone e ti riporta con i piedi per terra, precisamente nella fanghiglia.
Le protagoniste sono due; una portinaia, l’artefice principale dei propri mali, ed una giovane ragazzina di 12 anni. Tra l’aspergeriana ed una cazzo di illuminata, pronta al suo ultimo atto, immolarsi come un messia postmoderno.
La ragazzina ha una visione della vita asciutta, sterile, brutale ma chirurgica allo stesso tempo. A 12 anni vede le brutture della vita, (la sua visione) lei ama l’arte e la bellezza dei fumetti giapponesi, si definisce intellettualmente superiore, di fatto quei discorsi non li avrebbe fatti nemmeno un monsignore qualunque. Lei spontanea fredda organizza il suo suicidio (lo dico perché è nella prefazione del libro, all’interno della copertina).
Reneè, questo è il nome della protagonista adulta, lei fa la portinaia di professione, ma nella vita reale gioca a fare la senza dimora, già come se i senzatetto si divertissero a esserlo.
Donna dotato di grande intelletto, ma anche di grande bruttezza, questo è quello che ci racconta lei. Nasce povera, cresce povera, si sposa povera. E’ questo il mood della sua vita. Appassionata di letteratura russa e cultura giapponese, studia da autodidatta fin da ragazzina, ma si nasconde a mondo fingendosi un’ebete totale, rivelando un animo gratuitamente cinico applicando ogni tipo di stereotipo nei confronti della società odierna e nei confronti dei condomini del palazzo di lusso, dove lei lavora.
Credo che l’essere un portinaio, sia un lavoro di tutto rispetto è che, non tolga nulla all’essere umano che svolga la suddetta professione. Mentre se dovessi analizzare il suo comportamento mi appare lampande che la prima ad giudicarsi è proprio lei.
Una donna che si è acculturata da sola, dovrebbe essere orgogliosa e dovrebbe mettere in pratica la propria conoscenza, anche solo semplicemente nell’intavolare una conversazione di cortesia con uno dei condomini. Invece no! Lei è sempre lì a spiare e a giudicare qualcuno dall’alto della sua finta modestia. Saccente presuntuosa ed estremamente bigotta.
Non so quale sia il punto di vista della scrittrice, ma emerge la borghesia radical chic in una società multietnica di una Francia moderna. Che poi fammelo dire Bloggi! Oltre ai radical chic, io odio quelle che devono fare le stronze per invidia.
Ecco anche qui a Bari abbiamo le eleganti del pianto, Le chiamiamo (le gatte frech e chiang). Donne che devono fare le poverine, tenerine, le povere vittime di un sistema. Devono lamentarsi sempre su tutto inventando storie su difficoltà economiche inesistenti, eterne insoddisfatte, atto di autodifesa e di mimesi, un po’ come quegli animaletti che apparentemente sembrano innocui ma potenzialmente letali. Per lo meno per lo stato psicofisico di chi li circonda.
Al contrario della portinaia Reneè, loro sono ignoranti e analfabeta come pezzi di mersa secca sull’asfalto di Agosto.
Caro Bloggi, viviamo in un mondo fatto di apparenza e immagine, si lo ammetto ma non possiamo instupidirci con la scusa che nella vita non saremo mai abbastanza.
Passo e chiudo.