Ciao mio carissimo Bloggi. Sono qui reduce dalla seconda parte de L’Eleganza del riccio.
Non rinnegherò nulla di scritto in precedenza, riguardante le prime 200 pagine del libro e su quei talenti inespressi, o meglio espressi male.
Non ti nascondo che la Reneè ad ottave basse non mi è affatto simpatica, anzi a tratti l’ho trovata detestabile.
Forse anche perché mi ricorda i miei umili natali (origini). Crescere in una famiglia fatta, o meglio, composta da persone istintive, frivole e con un egoismo che non gli permetteva di guardare al di-là del proprio naso. Ammetto Bloggi! Non è bello il ricordo di quegli anni. I miei familiari al contrario di Reneè sono la merda secca, quella già narrata in precedente, si! Quella sull’asfalto rovente d’Agosto. Incapaci di evolvere ad una versione migliore di loro.
Confesso che ho il sospetto che, l’autrice bella stronza, l’ha fatto di proposito descrivere Reneè, come un personaggio buio e ostile in quasi tutto il libro.
Reneè si scongela e rompe lo spesso strato di ghiaccio che caratterizza l suo personaggio, solo dopo la new entry dove viene agganciata tramite un escamotage. <Dovete leggere il libro>.
Naturalmente mi ripeto, non cambio sul personaggio di Reneè, l’unica differenza è che, ho capito che n’è valsa la pena portare a termine la lettura del libro, e m’è andato di lusso. Concedimi l’intercalare, mio caro raccoglitore, tu contenitore, delle mie elucubrazioni del pensiero.
Reneè, pessima come persona e pessima come portinaia. Ma noi siamo umani e il giudizio scende come una manna impietosa sul giudicante. Lo rimaniamo, esseri umani anche se siamo descritti e raccontati in maniera bidimensionale nelle pagine di un intero libro.
Non importa quando lei sia evoluta ed acculturata. Ripropone all’interno della narrazione lo stesso metro di giudizio che gli abitanti del suo paese natale, riversava sulla sua famiglia, in quanto indigente. Tramutandola in quel riccio chiuso e diffidente.<Oh Reneè, quanti anni sprecati nel vivere da clandestina… Quando clandestina non lo eri affatto>.
Io,… O meglio, i miei traumi, i miei tormenti interiori, sono diventati carburante per una spinta propulsiva in avanti. Si vero! Lo zainetto emozionale è sempre un po’ troppo pesante, ci affatica, ma quella fatica a volte permette d dare una centratura interiore quando i venti dello sconforto e il pessimismo ci annebbia la vista, la mente.
Ho sempre affrontato la vita con quell’innocenza da infante, tal volta rendendomi patologicamente cocciuta.
Quasi tutte le mie esperienze maturate in questi lunghi anni, mi hanno permesso di non arrendermi all’altro, al fato a una società che ci vuole incasellati come milioni di api operaie. La società tende a mettere o meglio a estromettere tutti quegli individui (outsider) emarginando sugli sfondi della vita. Messi agli angoli, resi muti e invisibili… Quello che non vedi non ti tocca, non ti disturba, non è un problema.
Tra le mie fortune c’è l’aver percorso tratti della mia vita con il pilota automatico, anche io sarei potuta essere quel riccio che attraversando quella strada deserta in una notte di estate, finisce schiacciata.
Reneè in diversi passaggi si definisce clandestina… Clandestina! <Cara Reneè mi rivolgo a te, si a te>. Non prendiamoci in giro, la vita fabbrica centinaia di Reneè. Dio non ci da mai un fardello troppo pesante, quindi stringi i denti, armati di volontà e cocciutaggine e vai dritto come un ariete e prendi la vita a cornate. Questo è solo il consiglio di una cuochina, qualcuna che la vita l’ha forgiata per essere recettivo ai bisogni altrui, un operatore socio sanitario.
Mia cara Reneè, la vita vissuta ad ottave alte, per quello che è possibile, avrebbe reso anche te, sensibile al richiamo di aiuto, tramutandoti da clandestina o riccio in una guaritrice, in luce.
Mio caro amico cerco di chiuderla qui.
Mio caro Bloggi, i libri sono come le persone,.
Vanno letti, vissuti fino in fondo, sennò non potrei mai dire quando realmente facciano schifo.
A Mumin.
Schiavo dei suoi demoni e prigioniero dell’indifferenza della società.