Non avrei mai pensato di dirlo ma oggi sono dispiaciuta di aver finito questo incantevole libro.
Questo libro come tanti altri, l’ho comprato alla bancarella dell’usato, le recensioni trovate in giro nell’internet ne parlavano bene, ma sono stata attirata da una in particolare, dove si concentrava sulla faziosità geopolitica della scrittrice e del racconto in se. (Cazzate)
Il libro in questione è Nel blu tra cielo e il mare di Susan Abulhawa.
Il libro è narrato da Kaled un bimbo di 10 anni che vive da tempo nel “blu” e ripercorre a ritroso insieme al lettore la storia della sua famiglia, che inizia prima dell’occupazione del 1948 da parte dei sionisti.
Se non amate schieramenti, ma, adorate immergervi in paesaggi esotici e pieni di folclore, questo è il libro adatto per sognare. Pur immergendo i piedi in un liquido amniotico fatto di sangue, povertà e crudeltà. Il libro non perde dignità, la dignità di chi si lega anima e corpo: alle preghiere, alle tradizioni palestinesi, alla superstizione culturale, a quella religiosa, fatta di amore, odio e timore di Dio.
Non sono qui a parlare di guerre e politica.
Ma mai come in questo periodo, questo libro pubblicato nel 2014 e tanto così odierno e spiega cos’è una prigione a cielo aperto.
E’ una favola che parla e si sviluppa attraverso un nucleo familiare originario di Beit Daras, composta da una madre single un po’ bizzarra e i suoi tre figli.
Si ritroveranno profughi nella propria terra, con un esodo che li renderà schiavi e affamati.
Questo libro ci arricchirà di terminologie di lingua araba dove un glossario a fine libro ne svelerà il significato.
Non voglio aggiungere altro perché questo libro merita di essere letto, scoperto e amato.
Passo e chiudo. <3